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v - l'innesto del vaiuolo 295


     Del regnante velen spontaneo elegge
quel ch’è men tristo; e macolar ne suole
la ben amata prole
che non piú recidiva in salvo torna.
95Però d’umano gregge
va Pechino coperto;
e di femmineo merto
tesoreggia il Circasso, e i chiostri adorna
ove la dea di Cipri orba soggiorna.
     100O Montegu, qual peregrina nave,
barbare terre misurando e mari,
e di popoli vari
disseppellendo antiqui regni e vasti,
e a noi tornando grave
105di strana gemma e d’auro,
portò si gran tesauro
che a pareggiare, non che a vincer, basti
quel che tu dall’Eussino a noi recasti?
     Rise l’Anglia, la Francia, Italia rise
110al rammentar del favoloso innesto:
e il giudizio molesto
de la falsa ragione incontro alzosse.
In van l’effetto arrise
a le imprese tentate;
115ché la falsa pietate
contro al suo bene e contro al ver si mosse,
e di lamento femminile armosse.
     Ben fur preste a raccor gl’infausti doni
che, attraversando l’oceano aprico,
120lor condusse Americo;
e ad ambe man li trangugiaron pronte.
De’ lacerati troni
gli avanzi sanguinosi,
e i frutti velenosi
125strinser gioiendo; e da lo stesso fonte
de la vita succhiar spasimi ed onte.