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288 le odi


     25O mio tenero verso,
di chi parlando vai,
die studi esser piú terso
e polito che mai?
Parli del giovinetto,
30mia cura e mio diletto?
     Pur or cessò l’affanno
del morbo ond’ei fu grave:
oggi l’undecim’anno
gli porta il sol, soave
35scaldando con sua teda
i figliuoli di Leda.
     Simili or dunque a dolce
mèle di favi iblei,
che lento i petti moke,
40scendete, o versi miei,
sopra l’ali sonore
del giovinetto al core.
     O pianta di buon seme,
al suolo, al cielo amica,
45che a coronar la speme
cresci di mia fatica,
salve in si fausto giorno
di pura luce adorno.
     Vorrei di geniali
50doni gran pregio offrirti;
ma chi diè liberali
essere a i sacri spirti?
Fuor che la cetra, a loro
non venne altro tesoro.
     55Deh per che non somiglio
al tèssalo maestro,
che di Tetide il figlio
guidò sul cammin destro?
Ben io ti farei doni
60piú che d’oro e canzoni.