e per gli altri e per sé riso dall’ire
settagenarie, che nel gioco accense
fien, con molta raucedine e con molto 600tentennar di parrucche e cuffie alate.
Giá per l’aula beata a cento intorno
dispersi tavolier seggon le dive,
seggon gli eroi, che dell’Esperia sono
gloria somma o speranza. Ove di quattro 605un drappel si raccoglie: e dove un altro
di tre soltanto. Ivi di molti e grandi
fogli dipinti il tavolier si sparge:
qui di pochi e di brevi. Altri combatte;
altri sta sopra a contemplar gli eventi 610de la instabil fortuna e i tratti egregi
del sapere o dell’arte. In fronte a tutti
grave regna il consiglio: e li circonda
maestoso silenzio. Erran sul campo
agevoli ventagli, onde le dame 615cercan ristoro all’agitato spirto
dopo i miseri casi. Erran sul campo
lucide tabacchiere. Indi sovente
un’util rimembranza, un pronto avviso
con le dita si attigne: e spesso volge 620i destini del gioco e de la veglia
un atomo di polve. Ecco sen ugne
la panciuta matrona intorno al labbro
le calugini adulte: ecco sen ugne
le nari delicate e un po’ di guancia 625la sposa giovinetta. In vano il guardo
d’esperto cavalier, che giá su lei
medita nel suo cor future imprese,
le domina dall’alto i pregi ascosi:
e in van d’un altro, timidetto ancora, 630il pertinace piè l’estrema punta
del bel piè le sospigne. Ella non sente
o non vede o non cura. Entro a que’ fogli,