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iv - la notte 257


Come, con pronto antiveder, del gioco
il dissimil tenore a i geni eccelsi
assegnerá conforme; ond’altri poi
non isbadigli lungamente, e pianga
565le mal gittate ore notturne; e lei
de lo infelice oro perduto incolpi?
Qual paro e quale al tavolier medesmo
e di campioni e di guerriere audaci
fia che tra loro a tenzonar congiunga:
570si che giammai per miserabil caso,
la vetusta patrizia, essa e lo sposo
ambo di regi favolosa stirpe,
con lei non scenda al paragon che al grado
per breve serie di scrivani or ora
575fu de’ nobili assunta, e il cui marito
gli atti e gli accenti ancor serba del monte?
Ma che non può sagace ingegno e molta
d’anni e di casi esperienza? Or ecco
ella compose i fidi amanti; e lungi
580de la stanza nell’angol piú remoto
il marito costrinse, a di si lieti
sognante ancor d’esser geloso. Altrove
le occulte altrui, ma non fuggite all’occhio
dotto di lei, benché nascenti a pena,
585dolci cure d’amor, fra i meno intenti
o i meni acuti a penetrar nel balte
dell’animo látèbre, in grembo al gioco
pose a crescer felici: e giá in duo cori
grazia e mercé de la bell’opra ottiene.
590Qua gl’illustri e le illustri; e lá gli estremi
ben seppe unir de’ novamente compri
feudi, e de prischi gloriosi nomi
cui mancò la fortuna. Anco le piacque
accozzar le rivali, onde spiarne
595i mal chiusi dispetti. Anco per celia
piú secoli adunò, grato aspettando