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iv - la notte 251


345rendon la vita titoli distinti,
sbadigliano distinte. Ah, se tu sai,
fuggi ratto, o signor, fuggi da tanto
pernicioso influsso; e lá fra i seggi
de le piú miti dèe, quindi remoto,
350con l’alma gioventú scherza e t’allegra.
     Quanta folla d’eroi! Tu, che modello
d’ogni nobili virtú, d’ogn’atto eccelso
esser dei fra’ tuoi pari, i pari tuoi
a conoscere apprendi; e in te raccogli
355quanto di bello e glorioso e grande
sparse in cento di loro arte o natura.
Altri di lor ne la carriera illustre
stampa i primi vestigi; altri gran parte
di via giá corse; altri a la meta è giunto.
360In vano il vulgo temerario a gli uni
di fanciulli dá nome; e quelli adulti
questi giá vegli di chiamare ardisce:
tutti son pari. Ognun folleggia e scherza;
ognun giudica e libra; ognun del pari
365l’altro abbraccia e vezzeggia: in ciò soltanto
non simili tra lor che ognun sua cura
ha diletta tra l’altre, onde piú brilli.
     Questi è l’almo garzon che con maestri
da la scutica sua moti di braccio
370desta sibili egregi; e l’ore illustra
l’aere agitando de le sale immense,
onde i prischi trofei pendono e gli avi.
L’altro è l’eroe che da la guancia enfiata
e dal torto oricalco a i trivi annuncia
375suo talento immortai, qualor dall’alto
de’ famosi palagi emula il suono
di messagger che frettoloso arri ve.
Quanto è vago a mirarlo allor che in veste
cinto spedita, e con le gambe assorte
380in ampio cuoio, cavalcando a i campi