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246 il giorno


165di bei modi del dir stamane appresi;
mentre la vanitá fra il dubbio marte
nobil furor ne’ forti petti inspira;
e con vario destin dando e togliendo
la combattuta palma, alto abbandona
170i leggieri vessilli all’aure in preda.
     Ecco che giá di cento faci e cento
gran palazzo rifulge. Multiforme
popol di servi baldanzosamente
sale, scende, s’aggira. Urto e fragore
175di rote, di flagelli e di cavalli,
che vengono, che vanno, e stridi e fischi
di gente, che domandali, che rispondono,
assordan l’aria all’alte mura intorno.
Tutto è strepito e luce. O tu, che porti
180la dama e il cavalier dolci mie cure,
primo di carri guidator, qua volgi;
e fra il denso di rote arduo cammino
con olimpica man splendi; e d’un corso
subentrando i grand’atri, a dietro lascia
185qual pria le porte ad occupar tendea.
Quasi a propria virtú, plauda al gran fatto
il generoso eroe: plauda la bella
che con l’agil pensier scorre gli aurighi
de le dive rivali; e novi al petto
190sente nascer per te teneri orgogli.
     Ma il bel carro s’arresta: e a te, signore,
a te, prima di lei sceso d’un salto,
affidata la dea, lieve balzando,
col sonante calcagno il suol percote.
195Largo dinanzi a voi fiammeggi e grondi,
sopra l’ara de’ numi ad arder nato,
il tesoro dell’api: e a lei da tergo
pronta di servi mano a terra proni
lo smisurato lembo alto sospenda:
200somma felicitá che lei separa