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ii - il meriggio 221


1065si convegna ornamento a i dorsi alteri;
se semplici o negletti, o se pomposi
di ricche nappe e variate stringhe
andran su l’alto collo i crin volando,
e sotto a cuoi vermigli e ad auree fibbie
1070ondeggeranno li ritondi fianchi.
Quale oggi cocchio trionfanti al corso
vi porterá: se quel cui l’oro copre
fulgido al sole; e de’ vostr’alti aspetti
per cristallo settemplice concede
1075al popolo bearsi; o quel che tutto,
caliginoso e tristo e a la marmorea
tomba simil che de’ vostr’avi chiude
i cadaveri eccelsi, ammette a pena
cupido sguardo altrui. Cotanta mole
1080di cose a un tempo sol nell’alto ingegno
tu verserai; poi col supremo auriga
arduo consiglio ne terrai, non senza
qualche lieve garrir con la tua dama.
Servi l’auriga ogni tua legge: e in tanto
1085altra cura subentri. Ora mira i prodi
compagni tuoi che, ministrato a pena
dolce conforto di vivande a i membri,
giá scelto il campo e giá distinti in bande,
preparansi giocando a fieri assalti.
1090Cosí a queste, o signore, illustre inganno
ore lente si faccia. E s’altri ancora
vuole Amor che s’inganni; altronde pugni
la turba convitata; e tu da un lato
sol con la dama tua quel gioco eleggi
1095che due soltanto a un tavoliere ammetta.
     Giá per ninfa gentil tacito ardea
d’insoffribile ardor misero amante,
cui null’altra eloquenza usar con lei,
fuor che quella de gli occhi era concesso:
1100poi che il rozzo marito, ad Argo eguale,