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209 il giorno


indi i gemiti alzando: Aita, aita,
670parea dicesse; e da le aurate volte
a lei la impietosita Eco rispose:
e dall’infime chiostre i mesti servi
asceser tutti; e da le somme stanze
le damigelle pallide, tremanti
675precipitare. Accorse ognuno: il volto
fu d’essenze spruzzato a la tua dama:
ella rinvenne al fine. Ira e dolore
l’agitavano ancor: fulminei sguardi
gettò sul servo; e con languida voce
680chiamò tre volte la sua cuccia: e questa
al sen le corse; in suo tenor vendetta
chieder sembrolle: e tu vendetta avesti,
vergine cuccia de le Grazie alunna.
L’empio servo tremò; con gli occhi al suolo
685udi la sua condanna. A lui non valse
merito quadrilustre: a lui non valse
zelo d’arcani ufíci. Ei nudo andonne
de le assise spogliato onde pur dianzi
era insigne a la plebe: e in van novello
690signor sperò; ché le pietose dame
inorridirò, e del misfatto atroce
odiar l’autore. Il perfido si giacque
con la squallida prole e con la nuda
consorte a lato su la via, spargendo
695al passeggero inutili lamenti:
e tu, vergine cuccia, idol placato
da le vittime umane, isti superba.
     Né senza i miei precetti o senza scorta
inerudito andrai, signor, qualora
700il perverso destili dal fianco amato
ti allontani a la mensa. Avvien sovente
che con l’aio seguace o con l’amico
un grande illustre or l’Alpi, or l’oceáno
varchi e scenda in Ausonia, orribil ceffo