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ii - il meriggio 201


345Tu, signor, di tua mano all’agil fianco
il sottopon, si che lontana troppo
ella non sieda o da vicin col petto
ahi! di troppo non prema: indi un bel salto
spicca, e chino raccogli a lei del lembo
350il diffuso volume: e al fin t’assidi
prossimo a lei. A cavalier gentile
il lato abbandonar de la sua dama
non fia lecito mai, se giá non sorge
strana cagione a meritar ch’ei tolga
355tanta licenza. Un nume ebber gli antiqui
immobil sempre, che al medesmo padre
de gli dèi non cedette, allor ch’ei scese
il Campidoglio ad abitar, sebbene
e Giuno e Febo e Venere e Gradivo
360e tutti altri dèi da le lor sedi
per riverenza del Tonante uscirò.
     Indistinto ad ognaltro il loco sia
all’alta mensa intorno: e s’alcun arde
ambizioso di brillar fra gli altri,
365brilli altramente. Oh come i vari ingegni
la libertá del genial convito
desta ed infiamma! Ivi il gentil Motteggio,
malizioso svolazzando, reca
sopra le penne fuggitive ed agita
370ora i raccolti da la fama errori
de le belle lontane, or de gli amanti
or de’ mariti i semplici costumi;
e gode di mirar l’intento sposo
rider primiero, e di crucciar con lievi
375minacce in cor de la sua fida sposa
i timidi segreti. Ivi abbracciata
co’ festivi Racconti esulta e scherza
l’elegante Licenza. Or nuda appare
come le Grazie; or con leggiadro velo
380solletica piú scaltra, e pur fatica