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180 il giorno


serpe intrecciato a forbici eleganti
il titol di monsú; né sol dá leggi
a la materia la stagion diverse,
820ma qual piú si conviene al giorno e all’ora
vari sono il lavoro e la ricchezza.
     Vieni, o fior de gli eroi, vieni; e qual suole
nel piú dubbio de’ casi alto monarca
avanti al trono suo convocar lento
825di satrapi concilio a cui nell’ampia
calvizie de la fronte il senno appare;
tal di limpidi spegli a un cerchio in mezzo
grave t’assidi, e lor sentenza ascolta.
Un giacendo al tuo piè mostri qual deggia
830liscia e piana salir su per le gambe
la docil calza: un sia presente al volto,
un dietro al capo: e la percossa luce
quinci e quindi tornando, a un tempo solo
tutto al giudizio de’ tuoi guardi esponga
835l’apparato dell’arte. Intanto i servi
a te sudino intorno; e qual, piegate
le ginocchia in sul suol, prono ti stringa
il molle piè di lucidi fermagli;
e qual del biondo crin, che i nodi eccede
840su le schiene ondeggiando, in negro velo
i tesori raccoglia; e qual giá pronto
venga spiegando la nettarea veste.
Fortunato garzone, a cui la moda
in fioriti canestri e di vermiglia
845seta coperti preparò tal copia
d’ornamenti e di pompe! Ella pur ieri
a te dono ne féo. La notte intera
faticaron per te cent’aghi e cento;
e di percossi e ripercossi ferri
850per le tacite case andò il rimbombo:
ma non invan, poi che di novo fasto
oggi superbo nel bel mondo andrai;