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i - il mattino 167


sparge, ma in van; tal ch’a i due figli volta
con questo dir pose al contender fine:
350— Poi che nulla tra voi pace esser puote,
si dividano i regni: e perché l’uno
sia dall’altro fratello ognor disgiunto,
sien diversi tra voi e il tempo e l’opra.
Tu che, di strali altero, a fren non cedi,
355Palme ferisci, e tutto il giorno impera;
e tu che di fior placidi hai corona,
le salme accoppia, e con l’ardente face
regna la notte. — Or quindi, almo signore,
venne il rito gentil, che ai freddi sposi
360le tenebre concede, e de le spose
le caste membra: e a voi, beata gente
e di piú nobil mondo, il cor di queste
e il dominio del di largo destina.
     Dunque ascolta i miei detti, e meco apprendi
365quai tu deggia il mattin cure a la bella
che spontanea o pregata a te si diede
in tua dama quel di lieto che a fida
carta, né senza testimoni, furo
a vicenda commessi i patti santi,
370e le condizion del caro nodo.
     Giá la dama gentile i vaghi rai
al novo giorno aperse; e suo primiero
pensier fu dove teco ir piú convenga
a vegliar questa sera, e gravemente
375consultò con lo sposo a lei vicino,
o a baciarle la man pur dianzi ammesso.
     Ora è tempo, o signor, che il fido servo
e il piú accorto tra’ tuoi voli al palagio
di lei, chiedendo se tranquilli sonni
380dormio la notte, e se d’immagin liete
le fu Morfeo cortese. È ver che ieri
al partir l’ammirasti in viso tinta
di freschissime rose; e piú che mai