de’ feminili voti, a la cui chioma
col lauro trionfal s’avvolgon mille
e mille frondi dell’idalio mirto. 135Colpevole o innocente, allor la bella
dama improvviso adombrerá la fronte
d’un nuvoletto di verace sdegno
o simulato; e la nevosa spalla
scoterá un poco; e premerá col dente 140l’infimo labbro: e volgeransi alfine
gli altri a bear le sue parole estreme.
Fors’anco rintuzzar di tue querele
saprá l’agrezza; e sovvenir faratti
le visite furtive ai tetti, ai cocchi 145ed a le logge de le mogli illustri
di ricchi cittadini, a cui sovente,
per calle che il piacer mostra, piegarsi
la maestá di cavalier non sdegna.
Felice te, se mesta e disdegnosa, 150la conduci a la mensa; e s’ivi puoi
solo piegarla a comportar de’ cibi
la nausea universal! Sorridan pure
a le vostre dolcissime querele
i convitati; e l’un l’altro percota 155col gomito maligno: ah nondimeno
come fremon lor alme; e quanta invidia
ti portan, te veggendo unico scopo
di si bell’ire! Al solo sposo è dato
nodrir nel cor magnanima quiete, 160mostrar nel volto ingenuo riso, e tanto
docil fidanza ne le innocue luci.
O tre fiate avventurosi e quattro,
voi del nostro buon secolo mariti,
quanto diversi da’ vostr’avi! Un tempo 165uscia d’Averno con viperei crini,
con torbid’occhi irrequieti e fredde
tenaci branche, un indomabil mostro,