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960d’in sulla guancia miete, e par che invidi
ch’altri fuor che lui solo esplori o scopra
unqua il tuo sesso. Arroge a questi il giorno
die di lavacro universal convienti
bagnar le membra, per tua propria mano,
965o per altrui, con odorose spugne
trascorrendo la cute. E ver che allora
d’esser mortai ti sembrerá; ma innalza
tu allor la mente, e de’ grand’avi tuoi
le imprese ti rimembra e gli ozi illustri,
970che infino a te per secoli cotanti
misti scesero al chiaro altero sangue,
e l’ubbioso pensier vedrai fuggirsi
lunge da te per l’aere rapito
sull’ale de la Gloria alto volanti:
975et indi a poco sorgerai, qual prima
gran semideo che a sé solo somiglia.
Fama è cosi, che il di quinto le Fate
loro salma immortai vedean coprirsi
giá d’orribil scaglie, e in feda serpe
980vòlta strisciar sul suolo, a sé facendo
de le inarcate spire impeto e forza;
ma il primo sol le rivedea piú belle
far beati gli amanti, e a un volger d’occhi
mescere a voglia lor la terra e il mare.
985Fia d’uopo ancor, che da le lunghe cure
t’allevi alquanto, e con pietosa mano
il teso per gran tempo arco rallenti.
Signore, al ciel non è piu cara cosa
di tua salute; e troppo a noi mortali
990è il viver de’ tuoi pari util tesoro.
Tu adunque, allor che placida mattina
vestita riderá d’un bel sereno,
esci pedestre, e le abbattute membra
all’aura salutar snoda e rinfranca.
995Di nobil cuoio a te la gamba calzi