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La lente ancora, all’occhio tuo vicina,
irrefragabil giudice condanni
890o approvi di Palladio i muri e gli archi,
o di Tizian le tele: essa a le vesti,
ai libri, ai volti femini 1 i applauda
severa, o li dispregi. R chi del senso
comun si privo fia, che opporsi unquanco
895osi al sentenziar de la tua lente?
Non per questi però sdegna, o signore,
giunto a lo specchio, in gallico sermone
il vezzoso giornal; non le notate
eburnee tavolette, a guardar preste
900tuoi sublimi pensier, fin ch’abbian luce
doman tra i begli spirti; e non isdegna
la picciola guaina ove a’ tuoi cenni
mille stan pronti ognora argentei spilli.
Oh quante volte a cavalier sagace
905ho vedut’ io le man render beate
uno apprestato a tempo unico spillo!
Ma dove, ahi! dove inonorato e solo
lasci ’1 coltello, a cui l’oro e l’acciaro
donar gemina lama, e a cui la madre
910de la gemma piú bella d’Anfitrite
diè manico elegante, ove il colore
con dolce variar l’iride imita?
Opra sol fia di lui, se ne’ superbi
convivi ogni altro avanzerai per fama
915d’esimio trinciatore, e se l’invidia
de’ tuoi gran pari ecciterai, qualora,
pollo o fagian, con la forcina in alto
sospeso, a un colpo il priverai dell’anca
mirabilmente. Or ti ricolmi alfine
920d’ambo i lati la giubba, ed oleosa
Spagna e rapè, cui semplice origliela
chiuda, o a molti colori oro dipinto;
e cupide ad ornar tue bianche dita