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Allo illustre e generoso signore

il conte

BONIFACIO BEVILACQUA,

SIGNOR MIO OSSERVANDISSIMO

A me pare che in un certo modo si possino chiamar «virtuosi» coloro che conoscono e amano gli uomini che veramente la virtú possedono, ancoraché di poca parte se ne vadino loro adorni; e per lo contrario io credo che meritano nome de «sciagurati» tutti quelli (che pur ce ne sono) che non solamente non s’affaticano per divenire valorosi, ma non si curano pur di conoscere gli uomini chiari e illustri per virtú e per valore e li hanno in odio, perché si può dire che la chiarezza e la vita degli uomini saggi sia le tenebre e la morte di li ignoranti. Io adunque, signor mio valorosissimo, per mostrare al mondo che, ancoraché della virtú pochissima, anzi nessuna parte possegga, che io non sono almeno cosi vile, ch’io non cerchi con ogni diligenza di conoscere gli uomini virtuosi ed esser loro affezionatissimo, a V. S. illustre porgo questo poco segno della riverenza e dello amore ch’io le porto e ho sempre portato, come a signore che possiede perfettamente tutte quelle piú rare e nobili virtuti che a perfetto gentiluomo si convengono: ché non si può dire, parlando il vero, che di cortesia, di valore, di senno e di gentilezza viva nessuno che a V. S. illustre ponga innanzi il piede; si come ancora non avanza me d’affezione verso di lei qualsisia, che piú perfettamente conosca e ami la sua nobiltate. Queste sono, signor mio, alcune mie fatiche alle quale ho posto nome Diporti , si perché