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un figliuolo, che ebbe di Leonora, di tutte le sue facoltá, che erano molte, erede; onde poscia piú che mai lieti e contenti passarono amendue il rimanente della vita loro. Da che si può vedere quanto variabile sia la fortuna e lo stato degli uomini, e come agevolmente può ciascun che ci vive, nel corso degli anni suoi, da uno estremo all’altro di condizione passare. E si scorge quanta sia stata la fede di costei verso il marito, quanta la pudicizia; la quale si giovanetta abbia si onestamente tutto il fiore della sua etá trappassato, e agguagliatasi con la virtú dell’animo alla castissima e antica Penelope.

Quantunque l’avenimento di Gianotto potesse esser paruto agli ascoltanti lungo ad udirlo, venuta la fine di quello, non perciò per la sua lunghezza dispiacque ad alcuno, conciosiacosaché la varietá de’ casi in esso narrati, tenendo sospesi gli animi ad attendere il fine che ne succedesse, lo aveva fatto passare a tutti senza tedio. E, venuto messer Muzio a quella parte ove disse che Gianotto, cominciando piú fisso a riguardare Leonora e per alcuni lineamenti del volto giá riconoscendola ch’era sua moglie, le si gittò incontanente al collo, usando verso di lei quelle cosi tenere parole, divennero tutti i giovani si pieni di pietá delle sciagure loro, che quasi per compassione ne lagrimavano. Ma, conoscendo messer Fulvio il termine oggimai della sua signoria esser venuto, poiché con assai convenevoli parole lodato ebbe la servata fede di Leonora al suo marito e la onestá di lei cotanto tempo senza macchia guardata, cosi disse: — Io non credo, signori, che parerá ad alcun di voi di avere questo giorno speso senza frutto e senza piacevole trattenimento, avendosi ragionato de’ fatti di donne. E, avegnaché alcuno dicesse che si averia potuto trattare piú grave materia senza parlar di donne, certo, per quanto io stimo, nei raccontati avenimenti di questo giorno, la piacevolezza della materia non è stata in tutto aliena dalla gravitá, conciosiacosaché da quelli molti belli e notabili essempi ci sien pur dati, degni delle orecchie vostre e di memoria. Senza che, il trattenimento nostro, per quel ch’io mi credo, non deve sempre