Pagina:Parabosco, Girolamo – Novellieri minori del Cinquecento, 1912 – BEIC 1887777.djvu/426

quando la ingiuriosa e turbata fortuna, la quale provato avea Gianotto in assai cose contraria e che di lei s’era cosi spesso doluto, con esso lui variando costume, doppo cotanti rivolgimenti e percosse, gli si mostrò lieta e pacifica. Percioché, andando un giorno tutto solo Gianotto per una strada, ove era di Leonora la stanza, avenne che quella fante, che con esso lei era stata nel navilio e non l’aveva abbandonata giamai, vide lui a canto alla casa passare; e, guardandolo fisso e parendole di conoscerlo, seco stessa cominciò a ricordarsi di Gianotto. quantunque egli molto, da quello che era, trasformato fusse; onde, chiamata subito alla fenestra la donna sua, a lei lo mostrò. Cosi Leonora, riconoscendolo che il suo marito era, d’inestimabile letizia ripiena, mandò tostamente la fante a chiamarlo a sé in casa, ed essa, le scale scendendo, lo cominciò attendere. Venuto adunque Gianotto alla presenza di lei, Leonora, da soverchia tenerezza lagrimando, in cotal guisa gli cominciò a dimandare: — Signor mio, voi potete comprendere che grande cagione deve essere quella che mi mosse cosi a mandarvi dietro questa mia fante per farvi venire a me, conciosiacosach’ io mi creda non essere da voi altrimenti riconosciuta. Ma ditemi, per Dio, se vi soviene di avere in alcun tempo corso pericolo della vita, ove alcuna cosa vostra perduta abbiate, quantunque sano e salvo della persona vi avesse di cotal periglio la fortuna tratto; e, se di ciò vi viene alcuno accidente a memoria, vi prego a rammentarvi quale fusse tra le cose vostre perdute la piú cara, che quel fortunoso caso vi togliesse, e quivi alla presenza mia me lo diciate. Donde aperta subito la cagione vi fia perché a me cosi instantemente siate stato chiamato. — Udito che ebbe Gianotto le parole di Leonora, a lei cosi rispose: — Molti sono, madama, gli infortuni per li quali ho menato asse’ tempo questa angosciosa vita; e alcuni ve ne furono di cotanto pericolo pieni, che d’indi non isperai giamai di poternela trarre: e pur, la Iddio mercé (che forse ad alcun fine, qual che si sia, la serba), io sono fuori di quei perigli uscito salvo. Se io delle cose mie abbia allora perduto, a chiunque in questa cittá, che è mia patria, dimora e che mi