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essendo stato fuori della patria sua per molti anni, e per varie parti del mondo per mercatantare trascorso,.disiderando oggimai di riposarsi e in alcun luogo fermarsi, se ne venne finalmente a Napoli, nobilissima e chiara cittá d’Italia. Ove essendo per un tempo dimorato, e tuttavia dimorandovi, o perché a lui paresse che quivi i suoi trafichi gli riuscissero meglio che altrove, overo tratto dal dilettevole sito del luoco, avenne che, di maritarsi sopravenutagli occasione in una figliuola di un gentiluomo napolitano, avisando che a ciò fare per molti rispetti gli tornasse in bene, accettò il partito, il quale assai onorevole e secondo il suo proposito stimò che fusse: per che, le nozze belle e magnifiche latte, costei, che Leonora si chiamava, prese per moglie. E, doppo lo essere dimorato uno anno appresso in Napoli, gli parve che fusse bene, essendo per tanto tempo stato dalla patria lontano e trovandosi giá in opera di mercatanzia avere fatto qualche guadagno, ornai di ritornarsi a Genova con la nuova sposa. Laonde, avendosi cosi fermato nell’animo Gianotto di fare, sali, quando tempo gli parve, sopra un navilio; e, facendo in quello tutta la robba sua caricare, egli e la moglie, con la sua brigata insieme fuori del porto di Napoli dipartiti, vennero verso Genova navigando. Ma la fortuna, che sempre volentieri agii umani proponimenti contrasta, essendo gli anni adietro stata a Gianotto in tutte le sue imprese favorevole, volle che la cosa altrimenti di quel che egli avea avisato andasse. Percioché una mattina al surger dell’aurora furono sopra Piombino ila un grandissimo e impetuoso vento assaliti, e indi cominciò il mare a gonfiarsi e in furiosa tempesta a rivolgersi; la quale, combattendo per alcune ore il navilio, lo spinse con la sua (uria su l’isola di Caprara, che è dirimpetto alla Corsica, dove, a certe piagge percotendo, isdrusci. Per lo quale naufragio tutti i marinai del navilio si affogarono; ma lo infelice Gianotto, il quale avea la fortuna a cosi stremo e misero partito condotto, ad un certo tavolato, che per a ventura gli si parò davanti, appiccatosi, si gittò in mare; ove dalle onde e dal vento ora in qua e ora in la sospinto, fu portato a terra in parte che venne a trovarsi sopra un’altra isola, non molto da Caprara lontana, detta Eiba. Ora, per