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per forza e alla sproveduta presa e cosi miseramente dalla patria dilungata, ma piú ancora per sentirsi da costui stringere della sua onestá, amaramente piangendo, cosi gli prese a dire: — Se i fortunosi casi di alcuno meritano appo gli uomini compassione, dovrebbe certo lo sventurato accidente per voi avenutomi, o signor mio, di me farvi pietoso, posciach’io, infelicissima giovane, nata e allevata ai servigi di Diana, e avendo perciò a lei della mia virginitá fatto voto, sono per isciagura caduta nelle mani vostre e, da voi alla sproveduta presa per forza, sono ora in pericolo posta della mia pudicizia e richiesta di sodisfare al vostro libidinoso appetito. E, comeché inumana cosa sia il violare la onestá d’una polzella ed empia lo sprezzare la deitá di Diana, egli è un atto troppo crudele, dove non sia la volontá inchinevole, il volere adoperare la forza. Con qual gusto sentireste voi il piacere dei frutti amorosi, non consentendo alle voglie vostre l’animo mio? overo qual contento ne ricevereste giamai? Ritornate, vi prego, in voi medesimo, percioché non dubito che avrá piú forza nel cor vostro la debita pietá della mia giovanezza, della mia virginitá e la memoria d’avermi voi presa per forza, che il concupiscibile appetito, che avete per mia cagione nella mente desto. E, quando quella natia umanitá, che per tutte queste cagioni suole e deve ogni duro proponimento piegare e movere a compassione, non vi tocchi, abbiate almeno qualche riguardo alla religione, essendo io vergine della dea Diana, alla quale ho in perpetuo la mia pudicizia consacrata. Il che voi non dovete per alcun modo avere a scherno, accioché la casta dea alla pudicizia favorevole sopra di voi non prenda della mia offesa vendetta. Lasciatemi adunque, signor mio, percioché i prieghi, che cosi instantemente per lo vostro appetito adoperate, niente valerebbono, conciosiacosaché io abbia fermo proponimento nell’animo di viver casta, e il dono della mia virginitá fatto a Diana incorrotto e inviolabile sempre servare. — Era stato il padrone alle parole di Artemia tutto attento; le quali posciaché egli ebbe udite, essendo forse daprima entrato in isperanza che dovesse essere a lui di leggieri dalla giovane il suo disio adempiuto, sentendo la fermezza dell’animo