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AVENIMENTO XXXII


Artemia, inavedutamente presa da un padrone di nave e non volendo compiacere alle amorose sue voglie, finalmente si getta in mare, salvando la sua castitá con la morte.

I giovani erano, tutti temendo, stati sospesi ad udire se i congiurati avevano la vecchia nudrice uccisa; ma, vedendo che le avevano donata la vita, tuttoché essa di morte li supplicasse, non poco si maravigliarono, avendo forse riguardo alla crudeltá loro, che, còlta da prima in iscambio Emilia e quella senza alcuna pietá uccidendo, ritrovata poi la figlia del tiranno che cercando andavano, dove contra di questa solamente avevano in pensiero di rivolger l’armi, di due persone invece di una divennero micidiali. Ma, venuto giá messer Fulvio alla fine del suo ragionare, senza indugio verso messer Fabio vólto, sembiante gli fece che a lui piaceva che egli continuasse. Il quale lietamente prese a dire:

Magnificili signori, quantunque sempre sia stato cosa laudevole lo spegnere una tirannia, nondimeno si vede che, per ciò fare, gli uomini non lasciano adietro alcuna sorte di male o di scolaritá che non commettano, si come quivi veggiamo nei congiurati contra ad Ippone, i quali non minor crudeltá dimostrarono nello uccidere le due donzelle, che quelle mansuetudine neH’ofierirsi, l’una per amor dell’altra, alle armi loro. Donde si vede qual forza abbia un onesto e vivace amore, il quale tanto piú cresce, quanto il bisogno apparisce maggiore. E ben è vero quello che si dice, che di coloro che s’amano egli è una sola anima, poiché il morire dell’uno ugualmente all’altro duole, come se a se medesimo avenisse Per che si può credere che Flavia non solo per questa cagione, che di sopra ho detto, volesse ancora essa morire, ma forse per vergognarsi in parte che, essendosi la sua fida compagna per la salvezza di lei disposta alla morte, essa restasse in vita; senza che, le pareva di dovere