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A VENI MENTO XXX

Nella presa che i soldati viniziani fecero di Smirna, conducendo una femina cattiva, ella, abbracciando la sepoltura del marito e non volendo lasciarla, è da un soldato uccisa.

L’ardita e magnanima impresa del siciliano e l’ako cuore parimente nella morte ad Ottomano mostrato fu tenuto da ciascuno della compagnia maraviglioso, quando, niun altro che messer Muzio restando a dover dire, egli senza alcuno indugio, seguitando, incominciò:

Quantunque la fortezza s’intenda intorno alla fidanza e il timore, nondimeno panni che vi deggia essere infra amendue alcuna differenza e non ad uno istesso modo abbiano a considerarsi. Percioché egli ci pare che maggiormente la fortezza intorno alle cose spaventose e terribili si rivolga: laonde colui che in queste non si turba e d’intorno di esse, come fa bisogno, si porta, viene stimato piú forte che quegli il quale è ben disposto intorno a quelle cose in cui si confida. Adunque l’uomo per ciò si chiama forte, perché alcuna orrida e faticosa impresa non paventa, e a quella, quantunque per arduo e aspro sentiero si conduca, non teme di mettersi allegramente. Onde, apportandoci la fortezza difficoltá e noia, non immeritamente viene commendata. Ma presso a questa vi è poi il fine, che è dilettevole; il quale tanto piú a noi si rende piacevole, quanto è stata maggiore la gravezza della malagevole impresa: perché, si come in quella era l’uomo forte da alcuno dolore occupato, cosi la sostenuta noia dal sopravegnente piacere è terminata. Dico adunque che per costante aver si deve che al siciliano il fine della sua alta e generosa impresa fosse disiderato e dolce, il quale era la speranza del premio promessogli dal capitano e