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che poteano, si stavano con speranza che un giorno si appresentasse loro occasione onde potessero da se stessi scovrire l’ardore e dimandarne mercede. Né guari andò che, avendo Amore abastanza della costoro fermezza e fede fatto pruova, di ciò concesse loro la grazia. Percioché ritrovandosi un giorno Isabella, ché cosi nome avea l’amata di Lucio, in una chiesa detta Santa Monaca, e a caso quivi tutto solo arrivando Lucio, cacciato da una rovinosa pioggia, e vedutavi la donna con una sola serva, posta nel piú occolto luogo del detto tempio, come se a studio proprio per parlare con qualche persona secretamente l’avesse fatto, non volle perdere cosi bella occasione; ma cautamente, colá ritiratosi ove la donna sedeva, le diede il buon giorno, e da lei, che cortesissima era, ne ricevè cortese risposta. Nel quale spazio la fante, forse dalla padrona per lo adietro fatta consapevole dello amore che a lei Lucio portava e forse credendo che essa padrona con ordine di parlar con esso lui quinci venuta ne fusse, come accorta e discreta, gentilmente, come se guatar volesse alcuna cosa, da loro alquanto si dilungò; dalla qual cosa non picciolo segno Lucio, che prudentissimo giovane era, prese che la donna gli portasse amore. Però, fattosi piú avanti, arditamente e senza verun timore cosi a parlare verso di lei incominciò: — Bellissima e valorosissima donna, se a voi è manifesto il valore degli occhi e della incredibile bellezza vostra, non vi parrá strano a credere ch’io si fattamente di quella divenisse servo e devoto il primo giorno ch’io vi mirai, che in altra cosa non abbia piú mai potuto pensare da indi in qua, che ornai due anni e piú son [lassati. Maravigliosa cosa sará bene il credere che io abbia potuto cosi lungamente sostenere le fiamme amorose, senza cercarne aita da voi, che sola la mi potevate dare; della qual cosa solamente n’è stata caeione e la grandezza vostra e lo incredibile amore che io vi porto. Quella mi rendeva sempre piú indegno di tanto favore, e questo sempre piú mi faceva temere di commettere qualche cosa in pregiudicio dell’onore o della vita vostra. E certamente, se il cielo cosi fatta occasione, come è questa, di parlarvi non mi prestava, io me ne moriva tacendo, ancoraché ornai per le pene