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AVENIMENTO XXIX


Un siciliano, posto fuoco nell’armata del Turco, e non succedendo il fatto d’abbruciarla, fuggendo è preso; e, con ardito animo confessato il suo disiderio a Ottomano, è con i compagni crudelmente fatto morire.

Di grandissima ammirazione empiè tutta la brigata il fortissimo atto di Iubelio, e, se non che sapevano quello ne’ fatti de’ romani raccontarsi, da ciascuno per cosa incredibile o non vera si sarebbe riputato. Altri si maravigliava che piú tosto d’essere micidiale de’ suoi e di lui stesso sostenuto avesse, per notare la crudeltá del consolo, che di usare della misericordia del senato; e perciò dicevano che, mentre egli volle rimproverare la crudeltá altrui, sofferse di divenire crudelissimo verso la moglie, verso i figliuoli e, piú oltre ancora incrudelendo, alla fine verso la sua persona: affermando che questo suo fatto ebbe dello impetuoso, lasciandosi anzi Iubelio dallo sdegno trasportare, preso per la crudeltá di Fulvio, che vincere dalla pietá e tenerezza de’ suoi e dall’amore natio della sua vita. Alcuni furono (e questi per la maggior parte) che dissero non doversi a Iubelio il suo dovuto e meritato onore diminuire, perché, sapendo egli che l’empio animo del consolo il suo sangue desiderava e ’l suo spirito e di tutti li suoi parimente, come colui che daprima seco proposto aveva di tór loro la vita e che per gli comandamenti del senato non si aveva rimosso dal suo fiero proponimento né spogliatosi la sua aspra natura, avendosi Iubelio avanti le lettere del senato disposto di sottoporre la testa alla empia scure del consolo, venute che quelle furono, comeché per vigore di esse gli fosse la vita salva, non volle perciò mutare l’altiero suo proposito di morire, accioché non solo la crudeltá di Fulvio apparesse d’essere stata a’ capovani dannosa avanti i comandamenti del senato, ma doppo quelli ancora maggiore fosse giudicata, essendoché i cittadini, per saziare quella, del sangue loro si offerissero spontaneamente alla morte. Non