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GIORNATA QUINTA

Partitasi giá era ogni ombra e, salito, il mercole mattina, nell’aurora il sole, apparivano i raggi della surgente luce, quando, levatosi ciascuno della onesta brigata e di casa partito, secondo che ordinato avevano il giorno davanti infra di loro, si ragunarono tutti insieme. Ed erasi forse una ora innanzi inviato il siniscalco, quando, venuto ancora io colá dove tutti erano raccolti, al predetto luoco entrammo in via. Ove motteggiandosi e ridendosi infra di noi, e cosi lietamente trappassando quel viaggio, appena trascorse il tempo, che quivi essere giunti, senza alcun tedio sentire, ci trovammo, e, tuttafiata in questa letizia dimorando, entrati nell’ampio e bel cortile, ritrovammo il siniscalco occupato intorno all’apprestamento del desinare. Ora quivi, senza punto di tempo perdere, fatto aprire il dilettevole giardino, per quello spaziando ci andammo; e, ritrovando l’erbe di rugiada piene, percotendo in quelle i raggi solari, non picciolo diletto porgevano a’ riguardanti, risplendendo quelle gocciole a guisa di limpidi e lucenti cristalli. Ma, poiché ciascuno di noi si fu in quello rinfrescato alquanto e, quale fior d’aranci, qual foglie di cedri, quale altre erbucce odorose cogliendo, riconfortato, ci riducemmo alla loggia in capo del giardino; e, quivi aperte le finestre, per donde spirava una fresca e dolce aura, tutti in cerchio a sedere ci ponemmo. Poi, parendone oggimai ora di dover trarre le sorti di cui avesse a guidare il giorno, quelle traendo, sopra di messer Fabio appunto cadé la sorte, che non aveva ancora mai avuto il reggimento. Il quale, tutto sovra di sé raccolto, verso i compagni guardando, cosi cominciò a parlare: — Amorevoli

G. Parabosco, Opere vane.

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