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giornata prima - novella i |
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nel vendicarsi, che voi con bellissimo e acutissimo artificio
nascosa avete? — E dove è — disse il Badovaro — questa
vendetta? — Questa è — rispose il Veniero — che il giovane
ragionevolmente non può pensare che la vedova per altro gli
abbia tolta, e cosí repente e crudelmente, la nuova amata, che
perché egli, non vedendo piú né piú sperando ritrovare lo amato
obietto, ritorni di nuovo a riamar lei; e, essendo certo di
questo, non solamente non si contenta di sentirsi forte e costante per odiarla sempre, ma vuole ancora che ella per maggior suo tormento ne perda per sempre in tutto ogni speranza.
E cosí al danno e alla pena della vedova intento si ritruova,
che non risguarda ch’egli la vita ne perde; anzi, pure riguardandogli, cosí dolce estima e sente la dolcezza della vendetta
che egli ne prende, che di rimanerne morto non cura. — Rispose
allora il Badovaro: — Veniero, questa è una delle vostre solite
sottigliezze, con le quali solete a chi non ha gli occhi d’Argo
involar sempre assai parte delle sue ragioni. Io vi rispondo
adunque che non può essere che il giovane fusse intento alla
vendetta: prima perché in questa, che voi «vendetta» chiamate,
non ci è posto quel piacere per lo quale ci moviamo e che voi
volete che il giovane si sia mosso a farla; perché il giovane
era forzato, morendo, a lasciare prima ogni speranza d’averla
mai fatta, che egli la si facesse. Senza che, voi accompagnate,
benché artificiosissimamente, due contrari. Percioché la vendetta prendiamo contra coloro che ci odiano e non contra
coloro che ci amano. Laonde, se mi concederete che la vedova
amasse, io dirò che il giovane è stato crudele, ingiusto e ingrato
a darsi morte per cosí colmarla di tormento. Se voi direte poscia
che ella odiasse, io non vi concederò che esso giovane ne facesse
vendetta uccidendosi, anzi conchiuderò ch’egli a lei facesse piacere infinito. — Rispose il Veniero: — Per rispondervi alla prima,
quando dite che, avanti che la vendetta fusse fatta, il giovane non
ne poteva sentire quella dolcezza che ci muove a farla; io dico
che ogni volta che precipitando me stesso io credessi precipitare il mio nemico, che, in quanto al piacere che me ne potesse
avvenire, esso piacere sarebbe quello istesso, cosí vedendolo