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giornata prima - novella i 29

nel vendicarsi, che voi con bellissimo e acutissimo artificio nascosa avete? — E dove è — disse il Badovaro — questa vendetta? — Questa è — rispose il Veniero — che il giovane ragionevolmente non può pensare che la vedova per altro gli abbia tolta, e cosí repente e crudelmente, la nuova amata, che perché egli, non vedendo piú né piú sperando ritrovare lo amato obietto, ritorni di nuovo a riamar lei; e, essendo certo di questo, non solamente non si contenta di sentirsi forte e costante per odiarla sempre, ma vuole ancora che ella per maggior suo tormento ne perda per sempre in tutto ogni speranza. E cosí al danno e alla pena della vedova intento si ritruova, che non risguarda ch’egli la vita ne perde; anzi, pure riguardandogli, cosí dolce estima e sente la dolcezza della vendetta che egli ne prende, che di rimanerne morto non cura. — Rispose allora il Badovaro: — Veniero, questa è una delle vostre solite sottigliezze, con le quali solete a chi non ha gli occhi d’Argo involar sempre assai parte delle sue ragioni. Io vi rispondo adunque che non può essere che il giovane fusse intento alla vendetta: prima perché in questa, che voi «vendetta» chiamate, non ci è posto quel piacere per lo quale ci moviamo e che voi volete che il giovane si sia mosso a farla; perché il giovane era forzato, morendo, a lasciare prima ogni speranza d’averla mai fatta, che egli la si facesse. Senza che, voi accompagnate, benché artificiosissimamente, due contrari. Percioché la vendetta prendiamo contra coloro che ci odiano e non contra coloro che ci amano. Laonde, se mi concederete che la vedova amasse, io dirò che il giovane è stato crudele, ingiusto e ingrato a darsi morte per cosí colmarla di tormento. Se voi direte poscia che ella odiasse, io non vi concederò che esso giovane ne facesse vendetta uccidendosi, anzi conchiuderò ch’egli a lei facesse piacere infinito. — Rispose il Veniero: — Per rispondervi alla prima, quando dite che, avanti che la vendetta fusse fatta, il giovane non ne poteva sentire quella dolcezza che ci muove a farla; io dico che ogni volta che precipitando me stesso io credessi precipitare il mio nemico, che, in quanto al piacere che me ne potesse avvenire, esso piacere sarebbe quello istesso, cosí vedendolo