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A VENI MENTO XXII

Alardo inglese è incolpato di ribellione al suo re: egli lo sbandisce. Alardo va a servire il re di Francia, e, fatto suo generai capitano, prende quasi tutto lo Stato d’Inghilterra. Nel fine, vinto dalla pietá del padre e dall’amor de’figliuoli, abandona l’impresa. E, tornando in Francia, è fatto porre in prigione dal re, ove miseramente finisce la sua vita.

Niuno veramente fu della compagnia, che la liberalitá di Cimone non commendasse; la quale poiché fornito ebbe mcsser Camillo di dimostrarci, messer Ercole, riguardando verso messer Fabio, che dirimpetto a lui sedeva, che egli continuasse gli impose. Il quale, prima sopra di sé stando alquanto, verso i compagni con lieto viso rivolto, incominciò:

Molte cose mi si paran dinanzi, nobilissimi signori, da considerare sopra la singoiar virtú e liberalitá di Cimone, le quali non mi pareranno soverchie o infruttuose a discorrerle. Dico adunque che la liberalitá in due modi si prende, in due spezie dividendosi, cioè in semplice liberalitá e in magnificenza, e a cadauna di queste si ricerca lo usar bene le ricchezze quando e come fia bisogno e secondo che alle cose si conviene. Nondimeno la liberalitá propriamente s’intende nelle picciole cose e nelle mediocri spese; dove allo ’ncontro la magnificenza si distende alle spese grandi e splendidamente nelle occasioni fatte, e che, secondo la cosa e la quantitá, trappassino la commune misura. E, quantunque la magnificenza deve servare le istesse condizioni che la liberalitá, le quali la diritta ragione commanda, vi è però questa differenza: che la magnificenza oltre di quelle aggiugne una certa grandezza. Laonde aviene che la magnificenzia in sé contiene la liberalitá, ma non è essa per contrario da quella contenuta. E, comeché paresse che la liberalitá non fosse virtú dalla magnificenza distinta, conciosiaché Luna e l’altra intorno ad una medesima materia si rivolge, cioè intorno alle ricchezze; nondimeno si dee dire che gli abiti non pur sono