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A VENI MENTO XVIII

Caronda, prencipe di Tiro, fa una legge che niun possa portare arme ne’ publici parlamenti. Egli per errore la porta e col medesimo ferro se stesso uccide.

A messer Muzio solamente, avendo giá messer Forcole al suo ragionamento dato fine, a dire restava; il che essendogli da messer Camillo imposto, cosi cominciò parlare:

Fiera maniera di giustizia ci ha oggi messer Ercole raccontata, e che una cotal ruvidezza strana rappresenta: tuttavolta degna da essere commendata. Perché, cosi Zeleuco adoperando, fece la legge osservare ch’egli ordinata aveva, e non diede materia al suo popolo di violarla, pigliando animo e licenzia dall’inosservanza del capo. I! che, se perdonato avesse il suo fallo al figliuolo, non facendolo alla legge soggiacere, non è dubbio che sarebbe avenuto. Ma prudentemente certo si governò, conciosiacosaché, per acquetare il tumulto di quei che gli porgevano prieghi che di mutar consiglio gli piacesse, e perché pur ancora gli incresceva d’accecare in tutto il figliuolo, mostrando di sodisfare alle ricchieste del popolo, comparti seco stesso la pena, che tutta doveva essere del colpevole, dando a vedere che quella parte di pena costituita dalla legge, che toglieva altrui, la dava a sé. Percioché ad altr’uomo, che non avesse commesso errore, giusto non era dar della pena alcuna parte, ma egli quella pena che temperava nel figliuolo stimò conveniente portare, accioché quanto diminuisse a lui, tanto alla sua persona aggiugnesse. Cosi Zeleuco meritò il nome di giusto, di pietoso e forte. Ma, dovendo ancora io fornire il mio carico e ubidire ai comandamenti vostri, posciach’io ho sentito a far menzione della giustizia, e di si notabil atto per quella conservare adoperato, dove si vede il disordinato appetito cedere alla ragione, mi si para dinanzi un’altra giustizia, alquanto piú severa e rigida, da un vero e illustre prencipe