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A VENI MENTO XV

Antigono, essendogli dal figliuolo appresentata la testa di Pirro suo nimico, ucciso in battaglia, lo riprende: e, fatto ardere il corpo e poste in un vaso d’oro le sue ceneri, le manda al fratello, trattando realmente Eleno, di Pirro figliuolo.

Nulla restava piú avanti a dire a messer Fulvio, quando, entrati i giovani a ragionare della clemente natura di questo capitano, commendato da loro il suo prudente e saggio parlamento, dicevano che non solamente il sapere e la virtú militare in un sommp capitano si richiede, la quale si dee però credere che fosse perfettamente in Arato, percioché questa è virtú che si appartiene ed è necessaria esternamente alla guerra; ma le interne virtú, ch’ornano l’animo e che son proprie dell’uomo, son quelle che rendono un capitano perfetto; e le virtú massimamente che piú di rado si veggono negli uomini da guerra, e che piú s’allontanano dai furibondi impeti di quella e dall’insolenzia della vittoria, com’è la clemenzia del vincitore verso i vinti. Onde quel capitano, che da questa divina virtú è governato, tanto gli altri capitani avanza, quanto pochi suoi simili in quella troverá, e tanto ai nemici suoi vinti si vedrá soprastare, quanto che, avendo in sua podestá la vita e le cose loro, meno di ciò che altri farebbe, usi vittorioso della sua forza. Si deve adunque grande tenere la virtú di Arato, il quale, avendo espugnata e vinta una cittá, non solamente non gli sofferse l’animo di rovinarla o d’abbrucciarla, ma fu visto nel principio della sua rovina a lagrimare, la quale poi volle in tutto a’ suoi soldati vietare. Ora, lodandosi tuttavia il clemente animo e le sagge parole di Arato, messer Camillo impose a messer Fabio che ragionando procedesse. Il quale, tutto a ciò fare disposto, cominciò:

Si come è il sole ornamento e chiarezza del cielo, e dell’umana vita spirito e sostenimento la luce, cosi dei re e dei