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adunque al proposito nostro, l’empie e scelerate operazioni di Eraclio mio figliuolo sono state cagione ch’egli ha perduto il regno a lui per ereditá devuto; dico a lui non tiranno, ma giusto prencipe. E io non voglio per modo alcuno comportare che nella persona del mio figliuolo sieno le leggi tele di Aragne; anzi voglio che, si come ei non pensava per ciò di venire giamai al mio cospetto, di non essere giudicato, cosi sotto la potenza delle leggi e del giudicio si ritruovi esser caduto, e dimostrargli quanto indegna cosa sia, in quella cittá che per leggi si governa, dalle leggi partirsi. Percioché questo è il vero legame del grado e della maestá ch’io tengo, questo il fondamento della libertá, queste sono la niente, l’animo e il mio consiglio. Onde, si come il corpo senza la niente, delle sue parti, nervi, sangue e membra non può usare, cosi la cittá senza la legge non può sostenersi. Siamo adunque delle leggi ciascun di noi servi, accioché lungamente possiamo conservarne liberi. — Di tal maniera furono le parole del prencipe, quando egli, in questa severitá stando, volle affatto che fosse la sua deliberazione essequita e togliere di vita il figliuolo. Per la qual cosa, un giorno a ciò constituito, fece il prencipe in publico Eraclio decapitare; onde poscia, doppo la morte di Timoleone, Corinto divenne republica, e con le ottime leggi, que’ popoli, dal loro prencipe ricevute, tennero lungo e felice governo. Da che ci appare la forma di giusto prencipe, e quanto sia necessaria al governo delle cittá la giustizia.

La giusta e severa sentenzia, da Timoleone data sovra la vita del figliuolo, diede molto e da ogni parte che ragionare a tutta la compagnia; dicendo alcuno questo prencipe, tuttoché lo atto di lui fusse stato giustissimo, non avere però potuto fuggire qualche nota di crudeltá e di rigidezza, si crudo proponimento pigliando contra la vita del suo figliuolo. Nondimeno, secondo il parere quasi della maggior parte, fu e lodata e ammirata la fermezza dell’animo di tanto prencipe nel sentenziare il figliuolo alla morte, per adeguare le cose proprie con giustizia alle altrui. Ma, poiché fu lo avenimento finito e le parole restate, vedendo messer Emilio che giá il sole minacciava l’occaso e che