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sperava di trovare servidore giamai, che cosi a grado e cosi caro gli fusse come esso era. Quivi dall’uria e l’altra parte le parole furono molte, e il cameriere, rendute al re quelle grazie quali per lui si poterono maggiori, disse ch’era sforzato di andare. Onde alla fine il re, doppo molti favori allora fatti a costui in publico, fu visto lagrimare; poscia, volgendo gli occhi al dito dove avea quello anello si caro, e giratolo alquanto intorno, se lo trasse e lo porse al cameriere, dicendo: — Poiché teco proposto hai di andare e avere debitamente piú cura di Dio che d’altrui, vedi in che tu possa di noi a tuo prò e beneficio valerti, e dimanda, ché ti fia tutto concesso; e noi, non avendo, come tu sai, di questo anello cosa piú cara, lo ti doniamo per memoria tua e per dimenticanza nostra. — Né piú disse. Facendo per cotai parole al suo cameriere conoscere che se lo toglieva a sé, alfine che ciò fusse cagione di farli dimenticare che per quello anello avea si caro servidore, come questi era stato finché egli fece il fallo, perduto; e al cameriere sarebbe cagione di tener sempre a memoria lo error suo e di vivere per lo innanzi meglio che non avea fatto seco. Atto veramente reale e magnifico, che lasciò altrui in dubbio quale delle due virtú in lui piú lodevole apparisse e mirabile, o la moderazione dell’animo suo nel sostenere del cameriere la ingiuria, over la liberalitá dimostrata a chi giustamente del suo fallo aspettava vendetta.