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ritornar beato e alcuna consolazione sentirò; né altro rimedio mi può parere utile al mio conforto: del quale io vi supplico con pietosi prieghi che sovenirmi mi vogliate. — Tali furono le parole di Olimpio. Le quali avendo udite il re, e perciò mosso delle sue sciagure a compassione, a lui disse che molto volentieri la sua servitú accettava e che, se per tempo avvenire scorgesse ii suo servire meritevole, farebbe si che non si potria in ciò della fortuna dolere che lui avesse in isventurato luogo gittato. Fermandosi adunque pieno di malinconia e affanno il misero Olimpio nella corte del re, quivi cominciò si bene e si acconciamente a servire, che venne oltremodo al suo signore in grado: per che, acquistata egli la grazia sua, era in buon termine, che potea farsi la sua servitú meritevole. Ma la fortuna, di cui lo infelice giovane era divenuto versaglio, a tempo che poteva egli qualche bene aspettare, fece che in capo del terzo anno, di gravissima malatia infermando, si mori. Donde si può comprendere la instabilitá della fortuna, e come fragile sia il favore che da lei ne viene.