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viaggio navigato, verso al tardo un tempestoso vento si mise, dal quale, facendosi il mare grossissimo e gonfio oltre modo, era combattuta la nave. Onde, sostenendo per tre giorni e tre notti in quel fluttuosissimo mare Olimpio la tempesta, discórse finalmente la nave sovra le isole Canarie, nominate dagli antichi Fortunate isole, che sono dirimpetto poste alla Mauritania Tingitana, dette ora regno di Fes e di Marocco in Africa; e quivi, con grandissimo émpito percotendo in una secca, la nave tutta si aperse. Per che, sentendo gli uomini la nave isdruscire, affatto perduti si tennero, e. gittata la barca in acqua, Olimpio con molte altre persone della nave si salvarono dallo impeto delle onde la vita (fuor solamente alcuni, che, commettendosi al mare, si affogarono), quivi lasciando con tutte le merci la nave affondare. E, perché erano a queste isole appresso, si salvarono tosto, giungendo la barca in terra. Cosi quella nave, che era carica di ricchissime merci e che sempre fino allora, al suo viaggio andando, aveva il mar tranquillo avuto e la fortuna pacifica, subito turbando una impetuosa tempesta l’aere e Tonde, percosse miseramente in terra; e lo infelice Olimpio tutto quello, che suo padre di gran ricchezza lasciato gli avea ed egli in lontani paesi in si lungo tempo acquistato, in breve ora si trovò aver perduto. Arrivato adunque egli coi suoi compagni in terra, in quella guisa che si trovava, per avergli il mare tolte tutte le sue preciose merci, e d’una in altra isola delle Canarie travalicando, passò finalmente in Africa, quei regni di Barberia scorrendo insino a Ceuta, ove lo stretto di Zibilterra è dodici miglia largo. Quinci Olimpio, diliberando di partire e trappassare in Ispagna, imbarcatosi, giunse di lá dallo stretto a Gibraltar, ove, per la Siviglia aviandosi, prese ultimamente partito di ridursi in Portogallo, e quivi alla discrezione della fortuna tentare se potesse a quel re accostarsi. Laonde, giunto che fu egli in Lisbona, cittá regale, andò ricercando di avere la entrata per parlare al re. Per che, venendo a notizia del suo mastro di casa Olimpio, e scorgendo questi la volontá che egli aveva di servire in corte, e parendogli ancora giovane da molto, come colui che nobile era e di costumi lodevoli, lo introdusse un giorno alla presenza del re. Al