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AVENIMENTO IV


Roberto da Napoli, essendo con un suo figliuolo per riscuotere alcuni suoi danari andato a Parigi, una notte dalle guardie del re il figliuolo gli è ucciso. Il re pone la vendetta dei micidiali nelle sue mani, e, egli non l’accettando, il re gli fa decapitare.

Giá si tacea messer Ercole dal suo ragionamento espedito, quando tutti di comm un parere lodarono il religioso animo e santo atto del corsale barbaro. Quantunque vi fosse alcuno che biasimasse il suo crudo proponimento nel dare si dura condizione di morte al delinquente, per la qual maniera di pena si ricapricciarono ugualmente tutti; nondimeno altri pensò che bene e prudentemente avesse operato, rigidamente e con severitá gastigandolo, come quegli che non intendeva che mai piú alcuno de’ suoi sacrilegio commettesse per si terribile essempio. Fra questo mezo, essendo stato da messer Muzio imposto a messer Fulvio che nell’ordine preso seguisse, egli in cotal guisa cominciò a parlare:

Carissimi signori, fin qui i nostri compagni hanno gli avenimenti da lor detti da lontani e antichi tempi tirati ; ma io, venendomene uno a memoria, non è ancor gran tempo seguito, quello, per discendere ai piú prossimi a noi, intendo di raccontarvi. Nel quale udirete di quanto temperato e mansueto animo fosse un padre nel vendicare in altrui del suo figliuolo la morte.

Mi soviene giá altre volte avere udito che in Napoli, chiarissima cittá d’Italia, fu un gentiluomo nominato Roberto, il quale, convenendogli, come spesso adiviene, andare per certe sue bisogne in Francia, fu per quelle astretto di venire a Parigi ; e la cagione era per riscuotere alcuni suoi crediti in quel paese, i quali malagevolmente vedeva per mezo d’altrui di potere avere, se egli colá in persona non andasse. Onde, messosi per ciò Roberto in punto, e con esso lui un suo figliuolo chiamato Fabio, entrò in camino, e, passate l’Alpi, si avviò verso Parigi. Dove essendo doppo molte giornate a suo agio giunto,