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fosse ritornato in sé. Essendo poi al re narrato dal vescovo l’avenimento e in qual modo da si fiero furore era per lo divino aiuto stato liberato, egli, rendendo le debite grazie in prima alla bontá di Dio, da indi innanzi, tutto rivolto al vescovo, quello cominciò amare, quello riverire e quello abbracciare, né alcuna cosa senza il suo consiglio operava, e giorno e notte sempre gli stava a canto. Il che conoscendo quell’uomo giusto e prudente, seco propose di gittar via si grave peso e di tal carico liberarsi, il quale per aventura ad altrui caro sarebbe stato; perché, temendo, se quello pervenisse alle altrui mani overo si abbruciasse, non qualche periglio al suo signore potesse apportare, sommerse l’anello in gran profondo d’una vicina palude. Avenne per aventura allora che il re co’ suoi baroni abitava in Aquisgrana, e d’allora innanzi quella cittá per la sedia reale fu preposta a tutte le altre di Francia. Quivi niuna cosa era piú grata al re della palude; quivi si stava egli, delle acque di quella grandissimo piacere prendeva, e del suo odore, come soavissimo, si dilettava. Dapoi trasportò in quel loco il suo palazzo reale, conciosiaché, nel mezo di quel palustre fango con grandissima spesa gittate le fondamenta, fabricò un bel palagio e un tempio, perché niuna cosa divina overo umana potesse di quel luogo trarlo. Ultimamente quivi forni egli il rimanente della sua vita, e quivi ancora fu sepolto, avendo in prima proveduto che i successori suoi indi prendessero la prima corona e i primi auspici dell’imperio; il che ancora fin questo giorno presente si osserva. Donde voi potete vedere a quale stato conduca l’uomo, quantunque saggio e prudente, il furore e la pazzia d’amore, quando ha origine da soverchio fuoco nella mente conceputo e quando è da poco regolato appetito tirato.