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AVENIMENTO II


Il re Carlo cognominato «magno» amando una giovane morta e non potendo abandonare il suo corpo, fu inteso per rivelazion divina la cagione di quel suo furore essere uno anello ch’era sotto la lingua della giovane. Il quale dal vescovo coloniense rimosso e dipoi gettato in una palude, il re torna nella primiera sanitá del suo animo.

Qui si tacque messer Muzio, essendo al fine del suo ragionamento venuto; la riuscita del quale essendo molto piacciuta agli ascoltanti, fu a ciascun di loro la varietá dell’accidente grata. De’ quali chi biasimava forte la ruvidezza dell’intperadore nel sentenziare la figliuola ed Erasto alla morte, chi lodava il senno e l’avedimento delti due innamorati in sapersi nel sovrastante pericolo riparare, dalla morte salvandosi. Ma tutti ad una voce affermavano amore essere stato la cagione del prospero successo e del felice stato di Erasto, conchiudendo che sempre si dee credere che egli sia di tutti i beni lo autore. Il quale avenimento poiché fu diligentemente ascoltato, sedendo io appresso messer Muzio, egli, verso di me riguardando, cosi disse: — L’autoritá, che da tutti voi mi fu data, di ordinare i ragionamenti di questo giorno e disporre di qualunque mi piaccia che l’ordine incominciato segua, fa ch’io a voi — mostrando me — imponga che dicendo ordinatamente procediate. — Dissi io allora: — Signori, l’essere io qua venuto ad altro fine non è stato che per udire voi ragionare: testimonio m’è alcuno di questa compagnia, da cui ai vostri ragionamenti, sua e vostra mercé, fui ammesso, al quale io ricchiesi di venirci per ascoltarvi, né mi è caduto nell’animo, qua vegnendo, di favellare. — Questo non si deve — rispose messer Muzio — a voi in alcun modo concedere, che, nulla dicendo, ci paia che siate venuto gli altrui detti a notare, se alcuna cosa degna di riprensione vi avessero, di che, tacendo, vi fareste sospetto; quantunque, non avendovi io pur per tale, fosse piti civil cosa e piu comportabile che voi foste giudice dei ragionamenti che