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dicevoli che a me, le sue lode non potrò rinchiudere, che «amore sia anzi di bene che di male cagione» con un fortunoso avenimento d’uno amante intendo di dimostrarvi; il quale, comeché per alcuni perigliosi travagli passasse, si condusse però, mercé di lui, a lieto e aventurato fine.

Si come io nelle antiche istorie de’ cretesi ho giá letto, nell’isola di Creta, che ora Candia si chiama, fu un valoroso e nobilissimo giovane, nominato Erasto, d’alto lignaggio nato e di reai sangue disceso, ma per li movimenti vari della fortuna, subita rivolgitrice delle cose mondane, caduto in povero e misero stato. I! quale, datosi a mercatantare, con alcuna quantitá di danari si parti dalla patria, e, sopra una nave salito, per l’Arcipelago navigando, pervenne a diverse isole di quel mare, che, per essere dalla natura poste fra loro quasi a cerchio, furono giá anticamente chiamate Ciclade. Onde, in atto di mercatanzia procacciandosi, comperò in quelle isole diverse robbe; e poscia, piú oltre scorrendo, passò in Costantinopoli, cittá chiarissima e mercantile, dove fatto ancora alcuno suo traffico, deliberò di ritornarsene indietro alla patria, per potere delle comperate mercatanzie trarre qualche guadagno. E, intanto che egli metteva ad ordine le cose sue per lo ritorno, volle, si come è universal costume de’ forastieri, vedere le cose piú notabili di quella cittá, e, doppo di averne molte vedute, passando a canto al palagio dell’imperadore, in un bello e maraviglioso giardino, di vari arboscelli e piante, di piacevoli prati, pieni di mille varietá ili fiori, riguardevole, gli venne veduta una sua figliuola nominata Filene, giá grande e da marito, che l’imperadore suo padre trattava di maritare a Guglielmo re di Sicilia. I.a quale essendo da Erasto veduta e parendogli oltre ad ogni estimazione bellissima, egli si fieramente di lei s’innamorò, che né giorno nc notte bene o riposo sentiva se non quando di vederla gli era concesso. E, percioché il giardino, ove Erasto aveva veduto Eilene, era tutto fuori dei palagio posto, e onde essa lui parimente avea potuto vedere, venendo costei piú volte per suo diporto al giardino, tanto ebbe in ciò Erasto graziosa la fortuna, che, passando egli altre fiate per quella strada,