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— Certamente, conte, voi avete il torto a contradire piú al Mocenigo: però lascisi il vanto alle donne d’amar piú ardentemente, poiché lo dimostrano con tanto lor danno. —

Qui fu posto fine alla quistione del magnifico Mocenigo e del conte Alessandro; nella quale si contendeva piú assai, perché ambi di perfetto ingegno sono, e appresso avevano soggetto per le mani da poter ragionare di molte cose piú che non fecero. Tacquero adunque tutti, e il Molino, posciaché silenzio da tutti vide fare, proponendo l’altra questione, cosi a ragionare incominciò: — Bellissime e argutissime sono state le ragioni che ciascuno di voi ha per sua difesa allegate, e a me pare che cosi in compagnia, disputando di qualche cosa, ragionar si debba, cioè con pronte e sottili ragioni, piú tosto da una certa felicitá di natura prodotte che da questo né da quell’altro libro tratte. E io per me sempre apprezzai piú una felice natura che una buona arte, ancoraché molti sieno che dicano che maggior lode meriti l’arte che la natura. Basta, ch’anco l’arte è natura in un certo modo. Voi, magnifico Mulla, sarete contento di mantenere che piú felice sia colui che spera di godere la donna amata che colui non è che al possesso se ne ritruova; e voi — voltatosi al signor Ercole, disse, — signor Ercole, sarete contento di contradirgli. — E’ mi piace — disse il signor Ercole — che, avendo a combattere con si forte ed esperto guerriero, io abbia almeno da difTendere la ragione, la quale suole accrescere valore a chi per lei combatte e anco in qualche parte isgomentare l’inimico. Che la ragione sia dal mio lato, io cosi grande la vi conosco, che quasi mi maraviglierei che Vostra Magnificenza, o Molino, avesse posto questo per dubbio, s’io non conoscessi che lo aveste fatto per far conoscere a qualcuno di noi i miracoli che con la eloquenza sua sa fare il magnifico Mulla, che può non solamente trovare via e ragioni di contendere qualche spazio contra la veritá, ma può far apparere il nero per bianco. — Disse allora il Mulla: — Signor Ercole, dite le vostre ragioni, ché neanco per queste parole io ve ne perdonerò una, purch’ io sappia e eh’ io possa resistere contra voi.

G. Para bosco, Opere varie.

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