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Ragionamento della prima giornata

Vinegia (si come io credo che per molte cagioni sia notissimo a tutto il mondo, per essere, ed essere stata madre di tanti valorosi spiriti, capo di cosí saggia e santa republica, e appresso vero e sicuro albergo di quella maggior bontá ch’appaia al mondo) è cittá posta e fondata in mezo l’acqua nella piú queta e tranquilla parte del mare Adriatico. Quivi, ancoraché per lo sito suo sia cosa maravigliosa a credere e a vedere, non mancano edifici superbi, piazze e tempii a maraviglia grandi e con mirabile artificio fabricati, e similmente giardini cosí bene ordinati e a tale perfezione ridotti, che pare che l’alma natura piú sia vaga di produrre gli odorati e soavi fiori, le piú care e preciose erbe e i piú dolci e saporosi frutti dentro al mare che ne’ coltivati campi. Non è questa miracolosa cittá, ancoraché nel grembo all’acque sieda, tanto dalla terraferma lontana, che fra un’ora e l’altra i suoi cittadini e abitatori non possano rimanere accommodati e sodisfatti di tutti quegli utili e piaceri che da terra si possano avere nella guisa che piú piace loro. Percioché ella da tre lati è circondata dal piú fecondo e dilettevole paese che si possa con occhio vedere, cosí di pianura come di colli e di montagne. I piaceri poi che dentro all’acque vi si prendono, e cosí di uccellare come di pescagioni, sarebbe lungo a raccontare. Per che sotto silenzio avanti passerò, raccontandone solamente uno, del quale mi sforza far menzione quello che in questa mia scrittura intendo ragionare.

Usano i gentiluomini di Vinegia, e chiunque diletto ne prende, talora a certi tempi della vernata, ridursi, o con grossa compagnia o soli, come torna lor meglio, lontano dalla cittá, quando