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con la catena al piede e il remo alle braccia, fu condotto alla Yalona; nel qual luogo, come piacque a Dio, da una galeotta siciliana fu preso il corsaro, e tutti i cristiani schiavi liberati, e i turchi, insieme con i! padrone loro, alla catena posti. Della qual ventura poco allegrandosi Fausto, per non saper nuova della sua cara Artemisia, seco stesso deliberò di piú non ritornare in Famagosta giamai. Per che, inviatosi verso il regno di Napoli, ivi si fermò al servizio d’un cavaliero della nobilissima casa Carrafa per otto mesi; poscia, deliberatosi di passare in Franza, verso Roma e d’indi per la Lombardia passò, tanto che giunse una sera alle vintitré ore dentro di Milano. Nella qual cittá all’osteria della Torre albergò, dove la notte sulle cinque ore, in una camera, dove insieme con lui erano, senza sapere che si lusserò, stati posti a dormire quattro malandrini, fu con loro di compagnia preso e legato, e finalmente senza altra essaminazione, percioché costoro erano uomini di troppo mal affare, condannato a morte. Per la qual cosa il misero, iscusandosi, non restava di piangere e pregare che almeno, inanzi che egli morisse, gli fusse concesso poter parlare quattro parole al signore. La qual cosa gli fu concessa, si perché a ognuno incresceva del suo male, per vederlo giovanetto di graziosissimo aspetto, si perché ancora i masnadieri l’avevano dinotato per uomo da loro non mai piú né visto né conosciuto. Fu adunque il misero condotto avanti al duca, il quale, doppo averlo alquanto rimirato tutto dal capo alle piante e tra sé molto commendato, gli dimandò qual cosa egli andasse cercando e come cosi con que’ ladri accompagnato si fusse; ed egli, ad ogni cosa il vero rispondendo, molto bene e saggiamente si difese. E, perché nasconder non poteva di non essere greco, ancoraché benissimo italiano favellasse, fu d’ogni cosa dal duca dimandato. A cui egli con bellissimo ordine e pietosissimamente narrò di qual patria fusse e finale fortuna cosi miseramente attorno lo aggirasse. Alle quai parole trattasi avanti la bellissima Artemisia, che ancora conosciuto non l’aveva, peroché egli era, da quello che esser soleva, trasfigurato assai per li ricevuti oltraggi e piú per la perdita di lei, e che piú tosto ogni impossibil cosa, che quivi