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n’era successo di te, e senza potere scriverti, non sapendo in qual parte del mondo eri, o se eri più in questo mondo. Ora finalmente è venuta questa tua lettera, ed io le ho fatta tanta festa come se non avessi punto a lamentarmi di te; e l’ho letta con sommo gaudio, come accade sempre ai tuoi caratteri. E qui vedesi quanto è vera e salda l’amicizia nostra, sentimento che ci lega da dodici anni, chè io malgrado si disprezzante silenzio, non ho un solo momento pensato male di te; solo ho pensato che avessi male, e me ne affliggeva perchè era sicura che avessi qualche afflizione nella famiglia tua.
Ma non sapeva che suor Marianna esercitava l’ospitalità, e ricreava il suo spirito colla compagnia di dotte e spirituali persone, non sapeva, che, divisa da parte della sua famiglia, consolava l’altra colla presenza e col figliale suo amore; tutto questo io non lo sapeva, e hai fatto bene, a dirmelo, e t’invidio i discorsi che hai fatto con Giordani e col suo amico, discorsi cui avrei voluto prender parte, non fosse altro che per udir parlare del diletto Giacomo in modo degno di lui, e corrispondente all’amor nostro; chè, qui dove siam noi è inutile il parlarne essendo esso appena conosciuto, o punto stimato per quello che veramente era. Il nome di Gussalli mi è nuovo affatto, nè so se è giovine o di dove sia. Se sapessi, Marianna mia, i sciocchi discorsi che mi tocca fare, avresti certo compassione di me; e quelli che mi tocca sentire! oh allora si, che quasi si sente desiderio di essere nata sorda e muta.
Mi dispiace poi che siate immersi in affari