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LXII.
ALLA STESSA
a Genova
16 ottobre (1835)
Nina mia,
Finalmente l’avete fatta! Non potete credere quanto mi abbia fatto rabbia il sentirvi a Genova, o miei cari. Iddio vi protegga! ma io mi sento una grande afflizione.
Ti ringrazio, o cara Nina, della premura che hai avuta di scrivermi, e di raccontarmi tante. cose di voi altri, tutte a me carissime. Certo, avrei riso assai nel sentirvi partite per l’altro mondo: Oh! vi sarebbe qui materia di un quolibet, parlando della vostra andata costi; ma non è questa materia su cui mi piaccia di scherzare. Marianna mi diceva tanto male di Clorinda perchè andava all’Avana, e poi voleva tenerle dietro, oh che briccona! Poco dopo che la compagnia di cantanti s’imbarcò a Livorno per l’Avana, qua da noi corse voce che quel bastimento erasi affondato, ed erano periti tutti meno Clorinda; sarebbe stata una disgrazia orribile. Spero che le cose vostre andranno benone costi, non è vero? La musica dell’Elisa e Claudio non dovrebbe dar molto fastidio alla mia amica. Per riconciliarmi con questa musica bisognerebbe che la sentissi