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NOTA A "MEDUSA"

di Marco Biraghi


Nulla che non voglia rinunciare preventivamente alla possibilità di essere definito almeno alla lontana con il nome doppiamente imbarazzante dì "critica d’arte" potrà sottrarsi, di fronte a "Medusa" di Paola Di Bello, al compito invero assai arduo di distogliere dalla sua superficie enigmaticamente riflettente quell’alone di mistero nel quale il titolo dell’opera suddetta sembra sprofondarci proprio nel momento stesso in cui prometteva Iiberarcene. In sintesi il problema è in quale rapporto stiano la sola mortale delle Gorgoni, sorella di Steno ed Euriale, e lo scudo specchiante, dono di Atena a Persèo, a cui l’opera inequivocabilmente rimanda. Comprendere ciò significa afferrare d’un colpo in quale modo l’ultima discendente di una multimillenaria stirpe figurativa che ha per oggetto Medusa possa davvero rappresentarla senza che questa ormai neppure compaia.

La funzione dello scudo specchiante nell’economia del mito, come si conviene ad ogni strumento veramente appropriato, è decisiva. Soltanto se percepita per suo tramite, infatti, Medusa potrà venire uccisa. Si tratta dell’antidoto contro il potere annichilente dello sguardo di Gorgone, al cui carattere prodigioso viene così a contrapporsi un prodigio di natura ancora più forte.

Ma vi è un’altra interpretazione: che il potere dello scudo sia quello stesso che gli conferisce Medusa rispecchiandosi. Qui la vicenda mitica s’intreccia alla storia dell’immagine. Ed è quest’ultima che dovremo seguire, più che la filologia delle fonti, per giungere al cuore pulsante del mito, ove si irradia la sua verità. (II fatto che in qualche cosa di assolutamente essenziale quella che parrebbe essere una semplice tradizione iconografica si allontani del tutto coscientemente dal dettato mitologico sta a dimostrare una volta per tutte non soltanto la completa autonomia dell’arte di ogni tempo nei confronti di quei temi canonici che essa stessa pure s’impone, ma ancor di più la maggior forza di penetrazione nella verità che l’artista possiede sul litografo. La crucialità del mito dimora in ciò di cui la rappresentazione artistica si è impadronita). In questa direzione si sono spinti, più di ogni altro, Caravaggio e Bocklin. Per entrambi lo scudo in cui è immerso il volto sgomento di Medusa è qualcosa di più - pur comprendendo anche questo - della semplice condensazione, nell’unità complessa di una sola immagine, dei due momenti fatali e solo apparentemente antinomici dell’autoriconoscimento e della decapitazione. In senso