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xx. - Dunque ròndini, addio! 219


— Vuole andare a visitare le cantine della Torre? — ridomandò lui. — Ci va tanta gente. C’è una botte che è grande come una casa.

— Anzi non entreremo nè meno alla Torre. Basta che vi fermiate un po’, e poi giriamo tutt’intorno, di passo. La cosa farà piacere anche a questa vostra bèstia, che mi pare non àbbia troppa volontà di andare.... — conclusi innocentemente.

Se ne ebbe a male. Questo io non dovevo dire. Era una bèstia eròica la sua. Non disse «eròica»: disse «di un sentimento, che nemmeno un cristiano! Sa lei quante mìglia pàssano, adesso, con la stagione dei bagni, sotto le sue zampe? E senza mai alzare la frusta e senza biada! Che vale, del resto — concluse — farci delle spese? Già, finita la stagione, tutte queste pòvere bèstie da piazza sono destinate alla carretta o al pelatòio. È il gran sentimento che ha. — «Ah, sì!» — urlò infine verso di me levando la palma della grossa mano, e: «Va là, Filopanti!» e sùbito le quattro gambe ballerine della bèstia affrettàrono premurosamente il loro ritmo.

— Vede?