Pagina:Panzini - La cagna nera.djvu/68


— 64 —


Egli li seguì un istante: poi spianò il supercilio e mi disse sorridendo:

— Noi periremo, ma l’opera nostra rimarrà. Questa è la nostra gloria! — e additava i giovani — questa è l’opera nostra più meritevole e veramente eterna! Quando noi insegnamo, non dimentichiamo mai che la patria e l’avvenire ci guardano.

Egli pronunciò queste parole con voce piana; eppure esse fecero su di me una grande impressione, e mi colse come un brivido di entusiasmo. Questo forse avvenne anche perchè ne l’aria spirava non so quale larga serenità di cose e di natura trionfanti sotto il sole, e i fiori degli aranci profumavano all’intorno.

Quell’uomo semplice, quell’esistenza ignorata di pedagogo mi si ingrandì con proporzioni eroiche, e quelle parole mi germinarono ne la mente come una rivelazione di un sentimento che io pure aveva indistinto ne l’anima, ma di cui non aveva sino allora saputo rendermi conto.

— È proprio così — io concludeva. — Che cosa c’è nella vita di vero, di serio? Tutto è vanità; solo ne lo studio della sapienza, solo ne le pratiche del bene sta il segreto della vita.