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diffonde dal Sipilo più rivi di lagrime di quante io ne sparga.

Io sono proteiforme, e pure sono una.

Ma tu mi hai conosciuta soltanto avvolta di bende, severa e terribile, sopra gli altari. Lassù io sono la virtù e la sapienza, e in quella forma mi hai adorato: ma sappi che spesso io fuggo fuori delle bende e delle infule, le quali rimangono e rendono la mia figura agli adoratori del tempio: ma io non vi sono più. Io corro fra i campi e talvolta rido come le villane che tu hai inteso: e pur non sono colpevole; io trascorro nuda e non sono impura; io porto nel mio grembo la fecondità, e vergine sono.

Io sono eterna e son giovane; io corro pei campi e l’erbe crescono dietro di me. Vedi: la selva era nuda ed irta. Oggi è tutta chiomata, e le gemme diventarono fiore e frutto; gemono i rivi, ride e spira il mare. Chi fu? Io.

Io non ho virtù, come non ho colpa; io do luce al cielo, io faccio fremere e contorcere le piante che si aprono e fecondano, io avvolgo tutte le cose create di un invisibile filo, e tutto germina e palpita, e traggo il mondo affascinato dietro di me; però se io rida o pianga nel