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tava contro di nuovo con le braccia tese in avanti; e quella tornava a cadere.

La piccola bionda diceva ridendo sempre — Mala femmina! — La bruna risospingendola quando si levava, diceva — Quanto sei bella! — e la voce aveva oramai un suono tetro di lascivia, e più non rideva. E poi girava lo sguardo come belva spaurita per ispiare se uomo o donna fosse per quei campi. In uno di quei momenti la bionda colse il destro, e riuscì a scappar via, di corsa, sghignazzando; ma si andò a nascondere dietro un’altra bica più lontana; e la bruna dietro in due salti, come una lionessa, la raggiunse e si nascosero dietro il mucchio delle spighe.

Allontanarsi era facile: ma le rise di quelle donne certo riempivano tutta la muta campagna, perchè come io discendeva giù per il sentiero, così quelle mi seguivano, e mi pareva che dietro la bica le due procaci sapessero di essere scoperte e pure non arrossissero; ma mi venivano dietro con le loro risa, ed esse mi schernivano ed io ne aveva vergogna. Io ne aveva vergogna, non esse, e pure la loro impurità era bestiale ed orribile, orribile al punto che vinceva la ra-