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Proprio nel punto che m’erano davanti, un giovane signore che sedeva in quella carrozza avea con un braccio cinta la vita di un’esile e bionda compagna che gli stava al fianco; e costei piegò indietro la testa per accogliere un bacio che lui impresse su la bocca di lei; e con l’altro braccio disteso pareva indicare il mare e il cielo come per dire alle cose di essere testimoni della sua felicità. E la giovane donna pareva beata in quell’abbandono.

La carrozza si allontanò e Patirai la rincorse furiosamente che parve una palla nera fra quella polvere della strada.

La carrozza passò portando con sè una visione di felicità. Felicità? Certo, e felicità delle più semplici e possibili con i suoi fondamenti nella realtà, non nei sogni o su le sabbie mobili della metafisica. Avrei potuto anch’io essere felice così!

Mi fissai in questo pensiero, e fissando m’accorsi che davanti a me su la bianca strada stava Patirai, piantata su le quattro zampe, ansante, e la lingua fuori. Io non mi era mosso dal luogo ove prima mi ero fermato per lasciar posto al veicolo. Patirai scodinzolava e cominiò