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bellissime punte e rade, io prendeva alcuna distrazione o diletto. Il sole però (si era ai primi di giugno) battendomi con la forza de’ suoi raggi sul capo e inondandomi di luce, pareva che fosse lui a scomporre in nuove utopie di progetti fantastici i pensieri che io cercavo di concentrare in qualche cosa di pratico.
La mia ragione era formata come di farfalle che volavano via e lasciavano vuoto il cervello.
E allora facevo degli sforzi disperati quasi da piangere per richiamare la ragione e la intelligenza che mi indicassero una qualche via da seguire. Bisognava, dico, pensare a qualche cosa di immediato e di pratico, e che fosse nel tempo stesso una di quelle inspirazioni rapide, intuitive con cui si riesce. Non era scritto anche nei libri di tanti che ebbero un’idea felice, la misero in atto e in poco tempo riuscirono ad aggiogare la fortuna al loro carro?
Ma era una vana impresa!
La mente avea perduto la conoscenza di ciò che è limite tra il possibile ed il fantastico; e scivolava a poco a poco nell’assurdo e nel sogno, dove finivo con l’addormentarmi in un abban-