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il romanzo della guerra 121

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30 Settembre. Ho trovato Bologna normale, Milano — poi — normalissima.

Quel giorno, due agosto, fu un momento di panico. Forse io ne ebbi un’impressione eccessiva: i signori erano in villa, le cocottine erano in missione ai mari ed ai monti.

Oggi la città ha l’aspetto normale. Un giovane ingegnere mi osserva che crisi c’è, ma in confronto di due mesi fa, quantitativa, non qualitativa...

Un grossista mi conferma la cosa, dicendo che: «Si credeva peggio. Molto si spedisce in Germania».

Dopo tutto sono tre mesi che arde la guerra. L’incendio non si è appiccicato alle sottane d’Italia; segno che erano di amianto buono. Adesso sta per venire l’inverno, cadrà molta neve e con la neve e col ghiaccio gli incendi sono meno facili. Si sente parlare di esaurimento: i giganti in guerra cadranno in istato comatoso e allora verrà fuori l’Italia e dirà: «Che cosa c’è?» Ci sarebbe da sperare bene! E se, invece, l’Italia dovesse passare al grado di prima potenza di secondo ordine?


4 Ottobre, Milano. Mi è accaduta una scena spiacevole, incresciosa, penosa. Mi trovavo ieri fra persone serie, ragguardevoli, mica fra i miei buoni socialisti