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secondo. | 31 |
Le bionde chiome, il vestimento, e ’l velo
Movea dolce aura, e ’l mar si stava in calma,
Scacciate havean le nubi, il Sole, e ’l cielo,
Per mirar la bellezza unica, et alma.
Giove sotto il buggiardo, e novo pelo,
Con sì soave, e pretiosa salma,
Per l’onda se nandò tranquilla, e cheta,
Tanto, che giunse à l’isola di Creta.
IL FINE DEL SECONDO LIBRO
ANNOTATIONI DEL SECONDO LIBRO.
Con quanta vaghezza e felicità, arte, e giudicio di Architettura descrive quivi l’Anguillara la casa del Sole ogni giudicioso lettore si può agevolmente conoscere con una non men bella, che necessaria digressione, ne doverà parere cosa strana ad alcuno, che dopò la bellezza; habbia posta la necessità de’l fare le dgressioni; perche chi scrive, o per dir meglio trasporta le opere latine o di qual si voglia altra lingua in questa maniera di Poesia della lingua nostra volgare; non deve come vogliono alcuni istare nelle medesime parole, ne manco nelle medesime chiuse; perche oltra che riuscirà Poeta freddo, essendo molto differenti i numeri, e nervi della Poesia latina da quelli della volgare; non potrà anchora mai mostrare quanto vaglia da se, e quanto sia atto a spiegare puramente i concetti dell’autore, che trasporta; tal’hora circonscrivendoli essendovi molte cose nella latina, che trasportandole nella nostra, non riescono, se non sono circonscritte; dunque obligandosi il poeta alla tradutione mera, e pura; può dare poco saggio di se; ma se vi farà alle volte alcuna digressione vaga, e propria, overo per maniera di conversione la quale hà gran forza di movere gli affetti, overo vagando, con qualche alto spirito di Poesia renderà il poema suo, molto piu bello, e piu lodato che non farà non si spiccando mai dall’autore, che hà preso a tradure; onde se potesse vedere Ovidio trasportate le sue Metamorfosi con le digressioni che vi sono dall’Anguillara non dubito che non le piacessero grandemente, havendo quel giudicio della lingua nostra, che haveva a suoi tempi della latina; & che non desiderasse, che fussero molto piu spesse che non sono; come quelle che invaghiscono, e adornano molto la sua inventione, e crederò se le havesse egli a rifare che metterebbe ogni diligentia e tentarebbe con ogni suo studio di arricchirle di molte e molte descrittioni che le potrebbero migliorare assai; perche terrò sempre che non sia disdicevole alla favola, quello che non è disdicevole e biasimevole nell’historia; e che se l’Ariosto seguendo l’historia incominciata dal Boiardo hà potuto, e gli è stato lecito, far tante vaghe, proprie, & alte digressioni per ornamento del suo poema, che medesimamente possi, e sia lecito all’Anguillara; farne nelle favole di Ovidio trasportandole in verso: perche non serano che lodate da ogni sano giudicio, e lontano da ogni maniera di passioni; terrò bene poi ancora ferma opinione che serebbono poco lodate le digressioni, quando havesse preso a tradurre le metamorfosi in prosa; nella quale non è lecito a partirse dalla tessitura dell’autore, ma in verso crederò che sia lecito a farle come quelle che adornano, e delettano molto pur che siano ben collocate, e proprie.
La favola de Fetonte è tolta dalla historia descritta da Eusebio, e da Orosio che è che nella Graecia fù gia a tempi di Cecrope Re de gli Atheniesi un grandissimo incendio mandato piu presto dal cielo, che venuto per opra humana, e fù chiamato l’incendio di Fetonte, ilquale abrusciò